Piccole blockchain crescono
22/10/2023Sentiamo parlare del web 3 come di qualcosa di inevitabile. Ma come facciamo ad acquistare un prodotto che non esiste ancora? Per sconfiggere le paure dell’ignoto, dobbiamo guardare al passato piuttosto che al futuro. Due esempi di come siamo stati smentiti dai fatti e che possono aiutarci a ragionare su come trasformare i timori in opportunità.
Da quando ho scoperto che cambiare opinione è sintomo di intelligenza artificiale, ho rivisto le mie convinzioni limitanti sul web 3.0.
Il web 3 viene spesso definito, giustamente o ingiustamente, “mondo crypto”, una definizione divisiva che allontana tutti coloro che non hanno interesse alcuno nelle criptovalute e tutti coloro che sono convinti, come lo ero io, che quello delle blockchain sia un universo oscuro, difficile, noioso, e frequentato da persone di malaffare. Ma come faccio a comprare oggi un prodotto che non esiste ancora?
In realtà, il Web 3.0 è solo una piccola parte di questo vasto mondo digitale in cui già viviamo, un mondo che potrà espandersi all’infinito, pieno di misteri e meraviglie. E considerarlo un’entità a parte può essere fuorviante. Ci sono galassie virtuali da esplorare, alcune più vicine, altre più remote, e molte di esse sono davvero aliene per noi. Parliamo di intelligenza artificiale, metaverso, blockchain, e tanti altri mondi digitali che sembrano così lontani. Ma lo sono davvero?
Le paure dell’ignoto
Le nostre paure dell’ignoto possono sembrare ridicole, ma non possiamo biasimare nessuno. I concetti sono spesso ostici, la grafica dei siti web che parlano di web3 sembra uscita da un videogioco degli anni ’80 e i termini tecnici che vengono utilizzati volano come missili. Ma c’è una ragione per tutto questo.
In effetti, il Web 3.0 possiamo dire sia nato con l’arrivo di Bitcoin, la criptovaluta che ha fatto sognare e temere il mondo intero (se hai perso la Guida intergalattica per autostoppisti del web3, clicca qui). E poi c’è il mondo del gaming, che ha adottato il Web 3.0 prima di chiunque altro, rendendo di botto boomer chi si sentiva ancora giovane.
Ma non temere! Quando la customer experience e il marketing di massa entreranno in gioco, molti di questi concetti saranno resi più comprensibili e familiari. Alla fine, è umano avere paura di ciò che non conosciamo, di immaginare mondi in continua evoluzione e formazione.
Ho ravanato nell’armadio dei ricordi per estrapolare due casi eclatanti di come tutti noi, come collettività, abbiamo modificato le nostre abitudini senza nemmeno accorgercene.
Acquisteresti online con carta di credito?
Ricordo ancora, come se fosse ieri (ma in realtà era ieri!) la reticenza, diffidenza e i timori di chi, all’epoca del web1.0, sosteneva di non voler nemmeno mai provare in futuro acquisti online per paura che gli rubassero la carta di credito (e non il codice della carta, ma proprio la carta di credito fisica!). Come se potesse uscire una mano mostruosa dal monitor del pc a sottrarre l’oggetto di plastica e risucchiare tutto nel mistero del web.
A lungo si è vissuta questa sensazione di pericolo, come di un destino inevitabile e segnato dall’impossibilità di sviluppo dell’e-commerce (tra pericoli comunque reali, si pensi al phishing o altre possibili truffe online ancora esistenti), poi è arrivato Amazon…
Il mercato ha trovato i suoi equilibri, le sue attenzioni legislative e tecnologiche per ridurre le paure e far evolvere il commercio elettronico. Il resto lo ha fatto e lo fa l’esperienza utente e i casi reali di utilizzo, perché anche il commercio reale non è sparito ma si è evoluto insieme all’ecommerce, tant’è che oggi si parla di multicanalità e di omnicanalità quando si decidono le strategie e tattiche di marketing.
Utilizzeresti Internet sul tuo cellulare?
Nel mio passato da osservatore del mercato ho vissuto e affrontato anche le grandi reticenze e il rifiuto mentale di chi – e vi assicuro erano in tanti – non vedeva né l’utilità né la praticità di avere internet a disposizione sui propri cellulari. Immaginare il futuro non è un’attività facile, o comunque non per tutti, e negli anni tra il 2006 e il 2009 (non epoche lontene) i dati sull’intenzione di utilizzare internet sui propri cellulari, seppur in costante crescita, non davano risultati bulgari, come potremmo oggi immaginare.
Una cena tra amici, spesso, può essere il migliore dei focus group quando vuoi immergerti nella realtà e comprendere in profondità quello che i sondaggi ti stanno già dicendo da tempo. Così anch’io avevo provato a chiedere ai miei commensali ospiti a cena (per gli esperti e non: campione distorto e autoselezionato, quindi a forte rischio di bias cognitivi), se fossero interessati in futuro ad utilizzare internet sul proprio cellulare.
Fu una sequenza di “non ne ho bisogno”, “perché dovrei?”, “uso già internet in ufficio e non voglio averlo sempre con me” (evidentemente qualcuno lo associava alla sola sfera lavorativa), e tante risposte di chiusura come queste.
Sollecitati con qualche esempio pratico, forte della posizione privilegiata che avevo nel dipartimento New Media di una delle più grandi agenzie di ricerche di mercato in Italia, avevo provato ad incalzare con domande del tipo “Non sarebbe utile poter utilizzare Google map quando vi muovete?”. Anche su questa domanda però la chiusura mi sembra evidente con risposte “Quando mi muovo in macchina ho già il TomTom”, oppure “io non lo utilizzerei in ogni caso perché guardo sempre il percorso prima di muovermi” (e sì. all’epoca si faceva così!). Risposte che oggi sembrano venire direttamente da un’altra epoca. Eppure erano in linea con quello che veniva rilevato nelle nostre indagini.
Poco più di sei mesi dopo quella cena arrivò sul mercato italiano il primo iPhone. Chi aveva risposto in modo sorprendente chiuso ai miei quesiti, solo pochi mesi prima, fu tra i primi ad acquistare l’iPhone. E il suo mondo cambiò.
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