Cominciamo con il fare coming out: è vero, la tecnologia è responsabile della perdita di posti di lavoro. Io, infatti, nel 1994, ho acquistato il mio primo rasoio per capelli e mi dichiaro quindi co-responsabile dell'estinzione dei parrucchieri nel mondo.
E non è tutto. Da quando ho scoperto che cambiare idea è segno di intelligenza artificiale, uso la realtà aumentata per mostrare i muscoli che non ho e cerco invano modi utili per arrivare alla pensione.
Io e la mia mente viviamo a lungo in uno stato di relazione complicata. Ho la brutta sensazione di vivere costantemente nel bel mezzo di un brainstorming in cui la mia mente a volte annuncia: "Cabin crew, please, prepare for landing".
Consulente digitale esperto in Customer Experience, giornalista dal 1994 (iscritto all'Ordine dal 2005), autore di romanzi e racconti, startupper, nativo analogico con complessi di inferiorità verso il mondo digitale, aiuto le aziende ad implementare nuovi progetti che supportino l'uomo nell'uso consapevole ed etico della tecnologia.
Ho lavorato al primo sito internet nel 1995 e nel 1997 avevo già una mia pagina personale. Allora non esisteva Facebook e, per pubblicare la foto di un viaggio su internet, potevi essere tacciato di estremo narcisismo. Quelli che all'epoca me le dicevano di tutti i colori sono oggi su Instagram a mostrare le tette, sfoggiare su Facebook le foto dei figli come trofei o ballano su TikTok senza mostrare vergogna.
Così come creare una uno spazio privato dove depositare file da scaricare all'occorrenza era vista come una bizzarra abitudine da nerd. Oggi lo chiameremmo cloud. Del web 3.0 non ne ho ancora capito molto. Per questo ho deciso di scriverne.