5 categorie di guru del web3 …da evitare
29/08/2023Con il Web 3.0, la mia banca è indifferente?
12/09/2023La battuta è di lunga data: “Cesare, il popolo chiede sesterzi!” – esclama un preoccupato centurione all’imperatore. E un Cesare bollito (o furbo, a seconda di come la si interpreti) risponde “No, vado diritto”.
La freddura, che ci riporta ai tempi della scuola, ci consente di introdurre, con i piedi ben saldi per terra, un argomento del quale sentiamo parlare di solito al telegiornale, quando inizia la rubrica dedicata alla finanza e l’istinto di sopravvivenza ci suggerisce di cambiare canale: le monete.
“Sì, vabbè – dirai come me – ma a me della finanza non importa nulla, non sono un trader e Dio mi fulmini se mi venga mai in mente un giorno di comprare una di queste crypto-diavolerie di cui sento parlare“.
Eppure tutto inizia da qui, anche la strada che porta al web3. Follow the money, e il denaro ci porterà a destinazione.
Il problema vero è che, pur senza avere la pretesa di capire tecnicamente, scientificamente, razionalmente, antropologicamente, fantascientificamente di cosa trattino questi argomenti che sembrano essere stati inventati da scienziati per i loro colleghi scienziati, la domanda che ci rivolgiamo è: ma noi comuni mortali cosa c’entriamo?
Ed effettivamente a noi interessa solo ciò che materialmente tocca le nostre tasche: quando facciamo la spesa, attendiamo lo stipendio, o dobbiamo farci pagare una fattura. In altre parole – pane al pane – ci interessano solo i “sesterzi” di Cesare.
O il sale o la vita
Quello che oggi si chiama “salario” era l’equivalente della moneta con la quale venivano pagati anticamente – in tutto o in parte – anche i soldati del nostro Cesare: il sale! No, non era né una truffa né erano monete da mettere nell’acqua della pasta quando bolliva.
Il sale serviva a conservare gli alimenti nei periodi in cui la stagione dava pochi prodotti e quindi era indispensabile proprio per l’alimentazione, la sopravvivenza, la vita. Conservare il cibo sotto sale era una pratica antica usata soprattutto per conservare il pesce, carne e altri alimenti animali deperibili.
Il sale quindi aveva valore di moneta. Più sale c’era in circolazione, più si trovava a buon mercato. Meno sale circolava, più sarebbe andato a ruba e più il valore sarebbe aumentato.
Testa o croce: la volatilità delle valute
Con le monete fisiche il discorso non cambia. Se il popolo avesse chiesto Sesterzi e l’imperatore avesse deciso di non concedere più denaro, le monete circolanti sarebbero rimaste in numero limitato e il loro valore non si sarebbe deprezzato. Se Cesare, invece di andar dritto, avesse elargito nuovi sesterzi, vi sarebbe stato più denaro in circolazione e – essendocene tanto in giro – il valore dei sesterzi sarebbe diminuito.
Proprio perché il denaro non è ricchezza di per sé, il suo valore può cambiare, oscillare, e per questo nei tempi antichi le monete venivano realizzate con materie pregiate (oro, argento, rame), materie sufficientemente scarse da lasciare il valore delle monete inalterato.
E quando parliamo di tempi antichi non ci riferiamo solo ai Romani. Quando, nei secoli successivi, le monete iniziarono ad essere realizzate in materiale non pregiato o addirittura – in tempi recenti – in carta filigranata, venne introdotto ad inizio ottocento un meccanismo, chiamato Gold Standard, che agganciava il valore di una moneta (ad esempio la Sterlina) alla convertibilità in oro. Il motivo era sempre lo stesso: serviva a dare stabilità alle valute in un’epoca di instabilità dei mercati dovuta ad eventi come guerre, carestie, pestilenze e a scenari geopolitici di varia natura.
Con il Gold Standard in teoria potevi andare in banca con i tuoi bei ‘bigliettoni’ e chiedere di convertire quelle sterline in oro (poi lascia stare che allo sportello l’addetto della banca avrebbe iniziato a fischiettare e si sarebbe dato alla fuga pur di non elargire il corrispettivo in oro).
La convertibilità in oro fu adottata e revocata da vari stati e terminò definitivamente nel 1971 (pensa, l’altro ieri!), quando gli USA decisero – tra gli ultimi – di abbandonarlo definitivamente. Iniziava l’era del sistema dei cambi flessibili, ovvero il valore delle monete dei vari paesi era legato al valore di altre monete mediante un tasso di cambio reciproco. Ogni giorno quindi le valute avrebbero aumentato o diminuito il proprio valore rispetto alle altre e ciò che le avrebbe rese stabili sarebbe stata la credibilità di chi le emetteva.
Pollo verso Punti Fragola
A scuola, il giorno in cui avevo bigiato, hanno spiegato che le monete, per essere definite tali, devono assolvere a 3 funzioni imprescindibili:
1. Essere unità di conto, ovvero essere utili per determinare il valore di scambio di merci e servizi.
Se ti chiedo il prezzo di un pollo, tu mi dirai che il tuo pollo allevato a terra vale 2 sesterzi romani, o 10 euro, o 0.00040 bitcoin. Posso quindi definire un valore per il tuo pollo. Se ti chiedo 2 polli, perché ho ospiti a casa, tu mi dirai che valgono 4 sesterzi romani, 20 euro italiani, 0.00080 bitcoin del web3. In ogni caso, probabilmente cercherò di strapparti uno sconto.
Potrei anche chiederti il valore in Punti Fragola, visto che so che stai collezionando bollini con la tessera fedeltà del supermercato, e tu sapresti dirmi il valore in quell’unità di conto.
2. Mezzo di pagamento, ovvero essere accettate come mezzo di scambio.
Se, dopo aver compreso il valore del tuo pollo, ti proponessi di pagartelo in sesterzi romani, probabilmente mi diresti di no, almeno che tu non sia un collezionista di monete antiche. Lo stesso mi risponderesti se provassi a pagartelo in Punti Fragola, almeno che non ti manchino una manciata di bollini per raggiungere la zuppiera a catalogo che il programma fedeltà del tuo supermercato propone. Ma se te li pagassi in Euro o in Bitcoin?
In ogni caso, possiamo sintetizzare dicendo che se tu (personalmente) riconosci valore al mezzo di scambio che ti ho proposto, potrei pagarti il pollo con uno qualsiasi dei 4 mezzi di pagamento che ti ho proposto.
3. Riserva di valore, ovvero la capacità di conservare una quota del valore attuale per spenderlo in futuro.
Nella tua valutazione se accettare di essere pagato in Euro, Bitcoin, Sesterzi o Punti Fragola quello della riserva di valore è un fattore cruciale.
Con gli Euro, che godono di una certa stabilità, vado sul sicuro. Per i Sesterzi romani, se sei un collezionista di monete antiche e sai che quelle monete conserveranno valore nel mercato delle monete d’epoca o se gliene attribuisci tu per la tua collezione, potresti accettare (se però non sei un collezionista o non ti interessano le monete antiche, avresti scartato i Sesterzi già al punto due, mezzo di pagamento).
Potresti accettare addirittura i Punti Fragola, ma sempre che il pagamento arrivi prima che il catalogo Esselunga scada, altrimenti non avrebbero più valore. Quindi la funzione di riserva di valore dei Punti Fragola in questo caso è limitata nel tempo (ed in ogni caso, come per i Sesterzi, se non dai importanza alla raccolta punti o non ti interessa, avresti scartato i Punti Fragola già al momento di valutarli come mezzo di pagamento).
Restano i bitcoin. Supposto che tu gli dia valore perché ne riconosci la caratteristica di mezzo di pagamento nel web3, come hanno fatto in tanti in questi anni, possiamo dire che conservano il valore nel tempo?
Uno dei problemi dei quali sono state accusate le criptovalute finora è stata proprio l’estrema volatilità, ovvero i repentini cambi di valore da un periodo all’altro. Cosa che ha polarizzato le opinioni sulle criptovalute.
Se parliamo di bitcoin, in particolare, per una questione meramente tecnica relativa a come vengono generati (non vedremo oggi tecnicismi non funzionali al discorso) sembra siano destinati a mantenere una maggiore stabilità rispetto ad altre criptovalute. La blockchain Bitcoin, infatti, ha un limite massimo di 21 milioni di BTC (bitcoin) che potranno in totale essere estratti (o come dicono nel web3 “minati“). La creazione del senso di scarsità dei bitcoin consentirà – dicono gli esperti – di mantenerne il valore relativamente stabile, pur con una volatilità comunque alta se comparata alle monete come l’Euro..
Ma i bitcoin non sono le uniche criptovalute. Ve ne sono altre tra le quali le cosiddette Stable Coin che, come dice il nome, promettono di essere più “stabili”. Ma anche in questo caso – vedremo – non è tutto oro quello che luccica.
Non andiamo troppo oltre. Per proseguire, fissiamo in mente i primi (pochi) concetti che ci servono nel nuovo mondo.
I termini del nuovo mondo
Le monete come l’Euro, il Dollaro ecc. sono emesse da banche centrali. Le monete virtuali viaggiano invece su una rete informatica (sì, esatto, una tecnologia) che si chiama blockchain (ora non stiamo qui a farci castelli su come funziona tecnicamente, acquisiamo la sola terminologia).
Per cambiare i tuoi Euro in Dollari o vai in banca o vai in un’agenzia di cambi valuta. Per scambiare le valute digitali con altre, ovvero comprare e vendere criptovalute, devi utilizzare delle piattaforme di scambio (sempre digitali) chiamate Exchange.
Mentre i tuoi Euro puoi tenerli in banca nel tuo conto corrente o prelevarli e conservarli sotto al materasso, le valute digitali le puoi depositare in un indirizzo digitale di deposito e prelievo tutto tuo, chiamato Wallet.
E’ tutto quello che ci serve sapere per ora. Ma, quindi, quante tipologie di monete esistono? E come potremo utilizzare in futuro la tecnologia alla base delle valute digitali per il nostro business?
Cosa abbiamo appreso
- Come in passato si evitava che le monete perdessero valore
- Le funzioni che deve assolvere una moneta per essere definita tale
- Alcuni termini che vengono utilizzati nel mondo delle cripto valute
- Twitter: vivo, morto o…X?
- Il fattore differenziante del Web3. Perdiamo già per Tre a Zero?
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