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31/08/2021Oggi, che la politica fa spettacolo e toglie spazio alla satira nel breve tempo di indossare una felpa per scrivere un tweet, “l’ho letto su Facebook” è la frase più usata da quelli di una certa età. Come se Facebook fosse fonte primaria di informazione, mentre ti domandi se la notizia appena letta sia frutto di dichiarazioni reali, fake news o Lercio (il sito di notizie satiriche dichiaratamente inventate, il cui maggiore concorrente è rappresentato proprio da certe dichiarazioni di politici).
Neanche il tempo di fare una lunga premessa (ripetiamo insieme “premesso che la mia posizione è apolitica”, oppure “indipendentemente da quale siano le vostre opinioni”, e bla bla bla per cercare di non pestare troppe uova nel paniere) che buonisti e cattivisti si sono già schierati nei commenti a colpi di “fascista” e “comunista”, che nel migliore dei casi ti danno del Saviano o, peggio, ti danno del PD.
Forse è da questo che dovremmo capire che l’Italia è un pese invecchiato male, sa di tappo prima ancora di stappare la bottiglia, o forse perché non ascolta più i giovani o non sa più dove sono andati a finire. Mi scusi, in che millennial siamo?
Sì, esatto, i giovani. I “fannulloni”, “mammoni”, “bamboccioni”, “choosy”, come sono stati definiti, colori diversi, esponenti politici di diverso colore. Se proprio non hai termini per definirli, chiamali Millennial.
Sì, esatto, i giovani. Proprio quelli che su Facebook non ci sono e, magari, non ci sono mai stati. Al massimo li trovi su Instagram, ma per capirli meglio dovresti fare un giro su Snapchat o Tik Tok.
Sì, esatto, i giovani, quelli che il venerdì bigiano la scuola per manifestare a favore dell’ambiente. Li critichiamo perché non ricordiamo più che, ai tempi, bigiavamo la scuola per molto meno. Non li capisci i giovani e non li capisco nemmeno io. Questo, da che mondo è mondo, è il primo sintomo di vecchiaia. Ma, scusi, in che millennial siamo?
Federico Capeci in Post-Millennials Marketing (Franco Angeli Editore), ci dà dei parametri interpretativi per capire meglio i Millennials, nell’attesa che cresca la nuova generazione, quella dei Centennials: “Da un certo momento in poi, tutto è cambiato. I giovani non si capiscono più, i mezzi di comunicazione hanno un ROI (Ritorno d’Investimento) sempre più ridotto, la creatività non attira l’attenzione, i negozi si svuotano a favore di un’APP o di un sito”. Perché?
È una domanda che l’industria, il mondo della pubblicità e quello del marketing hanno già iniziato a porsi.
Per noi che veniamo dagli anni in cui la pubblicità ha ucciso l’Uomo Ragno forse è il momento di iniziare a farci qualche domanda. E se socialità, trasparenza, immediatezza, libertà ed esperienza (S.T.I.L.E) sono i valori base delle nuove generazioni, siamo sicuri che quando giudichiamo, critichiamo, interpretiamo o semplicemente osserviamo il mondo che ci circonda lo facciamo con la stessa lente d’ingrandimento dei Millennials?
Articolo pubblicato su Fanpage.it (Fanpage d’Autore) (22.04.2019)